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Le aste al ribasso nella Grande Distribuzione Organizzata sono ampiamente praticate.
Se da un lato il loro utilizzo ha lo scopo di preservare il consumatore dal “caro vita”, dall’altro possono diventare uno strumento di mortificazione (la dico elegante) della filiera produttiva dei fornitori a monte del prodotto/servizio.

È del tutto comprensibile che se un fornitore decide di fare affari con la GDO partecipando a questi eventi, dovrà abbassare drasticamente il proprio utile per diventare competitivo durante l’asta al ribasso.

Ma di quanto economicamente ed eticamente il fornitore può abbattere il proprio guadagno senza che questa operazione possa diventare un boomerang per se stesso?

La risposta non sarebbe difficile. Il limite è dettato dal costo che lo stesso deve sostenere per la produzione del bene/servizio che intende vendere.
Siamo certi che questo avvenga nella normalità?

No, anzi siamo certi che questa palese regola economica
non venga spesso rispettata soprattutto da chi ha scarso potere contrattuale nei confronti di questi colossi della grande distribuzione.

Dai prodotti agricoli, al pecorino romano (ricordate la teatrale manifestazione dei produttori che versarono quintali di latte in strada) sono solo alcuni esempi di questa pratica dissennata. Lo stesso trattamento è riservato ad alcuni servizi terziarizzati di cui usufruisce la GDO.

Uno di questi, massicciamente utilizzato dalla Grande Distribuzione per pubblicizzare il proprio marchio, è il volantino cartaceo che, nell’era della digitalizzazione, troviamo abitualmente nella nostra cassetta delle
lettere.

Sapete mediamente quanto viene pagato dagli ipermercati un volantino recapitato presso il nostro domicilio?

Da 22 a 25 centesimi di euro (in alcuni casi si è arrivati a 17 centesimi).

Qualche anno fa feci uno studio per un’associazione che riunisce le principali società italiane di distribuzione di depliant pubblicitari (i cui risultati sono stati recepiti e pubblicati dall’Agenzia dell’Entrate nella “Metodologia di controllo” – codice attività 82.19.01 relativa a “Spedizione di materiale propagandistico, compilazione e gestione di indirizzi”) dal quale risultava che un prezzo equo del servizio non potrebbe, per singolo volantino distribuito, scendere sotto i 50 centesimi.

Nelle gare al ribasso la GDO chiede correttamente ai loro fornitori che la manodopera utilizzata (i distributori porta a porta dei volantini) sia contrattualizzata con un rapporto di lavoro subordinato.

Ovviamente per vincere l’asta, e possibilmente guadagnarci, queste aziende sono “costrette” a subappaltare il servizio a partite iva inevitabilmente gestite in modo poco ortodosso e trasparente con la conseguenza di un massiccio utilizzo di lavoro nero, evasione dell’iva e distruzione di parte del materiale pubblicitario da distribuire.

Ma su chi dovrebbe ricadere la responsabilità di tutto ciò? È come se decidessi di comprare un Rolex nuovo in gioielleria con richiesta di regolare scontrino fiscale e garanzia ufficiale della casa produttrice e pretendessi però di pagarlo (giustamente con carta di credito per tracciarne il pagamento) a molto meno della metà del prezzo esposto.

Se il gioielliere accetta e mi vende l’orologio, non dovrebbe forse, mentre ammiro il costoso oggetto al mio polso, crescere in me la consapevolezza di aver preso parte ad una transazione poco trasparente e sicuramente fonte di una catena di illeciti fiscali e della normativa sul lavoro???

Ettore Saladino
(Dr Commercialista dello Studio omonimo in Piacenza – www.studiosaladino.it)